Cessione di ramo di azienda e assunzione dei debiti dell’azienda ceduta

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IN CASO DI CESSIONE DI RAMO D'AZIENDA, OVE LA CEDENTE SIA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA E SALVA DIVERSA CONVENZIONE TRA LE PARTI, LA CESSIONARIA NON ASSUME I DEBITI MATURATI ANTECEDENTEME

IN CASO DI CESSIONE DI RAMO D'AZIENDA, OVE LA CEDENTE SIA IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA E SALVA DIVERSA CONVENZIONE TRA LE PARTI, LA CESSIONARIA NON ASSUME I DEBITI MATURATI ANTECEDENTEMENTE DALLA CEDUTA.

C.G.A. Regione Sicilia 31.05.2021, n. 488

Nell'ipotesi di cessione di ramo d’azienda, ove la cedente sia in amministrazione straordinaria, la cessionaria, salva diversa convenzione tra le parti, non assume i debiti dell’azienda ceduta maturati in qualunque momento antecedente al trasferimento, nemmeno di natura tributaria.

"...In caso di cessione di ramo d’azienda, ove la cedente sia in amministrazione straordinaria, la cessionaria, salva diversa convenzione tra le parti, non assume i debiti dell’azienda ceduta maturati in qualunque momento antecedente al trasferimento, nemmeno di natura tributaria.

L’art. 63, comma 5, d.lgs. n. 270 del 1999 stabilisce che, salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento.

L’art. 2560 c.c., rubricato “debiti relativi all’azienda ceduta”, dispone che “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito. Nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
Pertanto, secondo la disposizione civilistica, chi aliena l’azienda non è liberato dai debiti, ma ne risponde anche l’acquirente se si tratta di azienda commerciale e se essi risultano dai libri contabili obbligatori.
In presenza di questi elementi, quindi, tra alienante ed acquirente si configura una responsabilità solidale verso i terzi per i debiti aziendali, tramite un accollo cumulativo ex lege.
Nella cessione di un’azienda commerciale disciplinata dal codice civile, quindi, la regola è costituita dalla responsabilità solidale tra cedente e cessionario per i debiti pregressi, salvo l’eventuale consenso dei creditori alla liberazione dell’alienante.
Ne consegue che il cessionario, in via solidale o, eventualmente, esclusiva, risponde sempre dei debiti dell’azienda ceduta maturati anteriormente al trasferimento.
Un sistema diverso è stabilito per le procedure concorsuali, dove la regola è opposta, vale a dire che il cessionario dell’azienda o del ramo di azienda non è responsabile dei debiti anteriori al trasferimento, salva diversa convenzione.

In tal senso, l’art. 105, comma 4, del R.D. n. 267 del 1942 (legge fallimentare) dispone che, “salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento”.
Analogamente, per quanto di maggiore interesse in questa sede, l’art. 63, comma 5, del d.lgs. n. 270 del 1999, in caso di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, prevede che, “salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, anteriori al trasferimento”.
Il C.g.a. ha ritenuto di optare per un’interpretazione sistematica della disposizione che, come d’altra parte emerge dalla stessa lettera della legge, porta a comprendere nel perimetro di esclusione della responsabilità solidale del cessionario dell’azienda o del ramo d’azienda tutti i debiti maturati antecedentemente al trasferimento, non solo quelli venuti in essere durante la gestione commissariale.
L’obiettivo della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, come emerge dall’art. 1, d.lgs. n. 270 del 1999, è la conservazione del patrimonio produttivo mediante la prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali, sicché essa si distingue dalle soluzioni liquidatorie delle altre procedure concorsuali (il fallimento, il concordato preventivo e la liquidazione coatta amministrativa) che non tengono in considerazione rilevanti interessi, privati e pubblici e la cui funzione è semplicemente quella di tutelare l’interesse dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell’imprenditore insolvente.
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, quindi, è l’istituto previso nell’ordinamento del diritto fallimentare che riguarda la grande impresa commerciale insolvente e la sua ratio riposa nell’esigenza di creare una procedura concorsuale idonea a conciliare interessi differenti, quali, da un lato, il soddisfacimento dei creditori dell’imprenditore insolvente, dall’altro, il salvataggio del complesso produttivo e la conservazione dei posti di lavoro.
La finalità, in definitiva, è quella di evitare soluzioni liquidatorie che non tengano conto dei rilevanti interessi pubblici e privati, alla conservazione e al risanamento dell’impresa.
Di talché, è consequenziale ritenere che, al fine di tendere alla realizzazione degli obiettivi indicati, la vendita dell’azienda o del ramo d’azienda debba essere appetibile per i potenziali acquirenti, il che ha indotto il legislatore ad escludere la regola della solidarietà passiva per i debiti contratti anticipatamente al trasferimento.
In altri termini, una tale responsabilità costituirebbe un elemento fortemente dissuasivo alla partecipazione di potenziali interessati all’acquisto dei complessi aziendali tramite vendita competitiva.
Inoltre, si creerebbe una incompatibilità tra la responsabilità dell’acquirente cessionario per i debiti aziendali risultanti dalle scritture contabili ed il principio della par condicio creditorum, in quanto si dovrebbe riconoscere all’acquirente dell’azienda un diritto di regresso verso la massa passiva o, finanche, uno sconto sul prezzo delle attività aziendali vendute, con conseguenze pregiudizievoli per l’intera massa e, in particolare, per i creditori il cui credito non risulti dalle scritture contabili.
La questione, invero, era stata in passato molto dibattuta con riferimento alla responsabilità solidale per i debiti tributari, atteso che l’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 stabilisce che il cessionario è responsabile in solido, fatto salvo il beneficio della preventiva escussione del cedente ed entro i limiti di valore dell’azione o del ramo d’azienda, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti, nonché per quelle già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore.
La solidarietà tributaria, quindi, attiene ai debiti per imposte e sanzioni che, in genere, restano in capo al cedente.
Pertanto, costituisce oggetto di discussione se tale norma, prevalga anche sulla norma prevista per le cessioni delle aziende in amministrazioni straordinaria la quale, come visto, all’art. 63, comma 5, del d.lgs. n. 270 del 1999, esclude la responsabilità solidale del cessionario in caso di cessione di azienda (o di ramo di azienda).
Il C.g.a., trattandosi di due norme qualificabili entrambe come “speciali” rispetto all’art. 2560, comma 2, c.c., ha ritenuto che, in base al criterio cronologico, debba avere comunque prevalenza la norma contenuta nell’art. 63, comma 5, del d.lgs. n. 270 del 1999.
La questione, in ogni caso, è stata risolta dall’art. 16, comma 1, lett. g), d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto il comma 5-bis all’art. 14, d.lgs. n. 472 del 1997, stabilendo che, salva l’applicazione del comma 4 (casi di cessione attuata in frode ai crediti tributari), la disposizione sulla responsabilità in solido non trova applicazione quando la cessione avviene nell’ambito, tra l’altro, di una procedura concorsuale.
La deroga ha natura di norma interpretativa, per cui si applica anche agli atti posti in essere prima del 1° gennaio 2016, ovvero prima della sua entrata in vigore. Sul tema Sul tema, alla conclusione della retroattività della norma di cui al comma 5-bis dell’art. 14, d.lgs. n. 472 del 1997, è pervenuta la stessa Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 21 del 6 dicembre 2019.
D’altra parte, come già evidenziato, esistono plurime ragioni che ostano all’applicazione della solidarietà nei confronti delle cessioni di azienda perfezionate nell’ambito delle procedure concorsuali.
La materia delle procedure concorsuali è governata dal principio di parità di trattamento, dall’accertamento unitario del passivo in forza di regole comuni e dalla distribuzione dell’attivo nel rispetto del titolo di preferenza riconosciuto a ciascun creditore.
In altri termini, le procedure concorsuali hanno elementi comuni, nel senso che sono procedure generali e collettive, coinvolgono tutto il patrimonio dell’impresa, non singoli beni, e devono assicurare la par condicio creditorum, ovvero la parità di trattamento di tutti i creditori, vale a dire che, come tutti i creditori hanno fatto affidamento sulla prosperità dell’impresa, tutti devono subire le conseguenze della crisi in modo paritario.
I creditori assistiti da una garanzia, di fonte legale o negoziale, quindi, partecipano ai riparti secondo l’ordine gerarchico del rispettivo titolo di prelazione, ma possono agire per il residuo nei confronti del garante o del condebitore solidale, per cui si può concretamente prospettare un’alterazione dell’ordine gerarchico se un creditore di grado minore gode di un titolo ulteriore rispetto a quelli di grado superiore.
​​​​​​​La sovrapposizione del titolo di preferenza con un beneficio di altra natura produrrebbe un’irrazionalità sul piano endoconcorsuale, ancorché derivante da una previsione legislativa, perché determinerebbe la distinzione tra crediti della stessa natura, di titolarità del medesimo creditore ed assistiti dallo stesso titolo di prelazione.

 

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