Come si determina il costo del lavoro nel caso di mancanza di CCNL applicabile?

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Massima Sentenza "...nella ipotesi di “mancanza di contratto collettivo applicabile”, la determinazione del costo del lavoro deve, in ogni caso, procedere dal confronto con contratti operanti “per il settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”, fermo restando che – anche in tal caso – i “valori economici” di riferimento debbano far capo ad una logica di coerenza (oggettiva) e di rappresentatività (soggettiva), dovendo risultare, sotto il primo profilo, adeguati e proporzionati alle prestazioni lavorative concretamente impegnate dalla proposta negoziale e, sotto il secondo profilo, legittimate da una effettiva dialettica sindacale tra le organizzazioni dotate di maggiore rappresentatività comparativa..."

Cons. St., Sez. V, 19.06.2023, n. 6008

 


Costo del Lavoro nel caso di mancanza CCNL

"...Importa rammentare, in premessa ed in termini generali: 

a) che, come è noto, la valutazione di congruità dell’offerta, relativamente al costo del lavoro, è imposta, in sede evidenziale, dalla necessità di garantire – nella convergente prospettiva della affidabilità e serietà della proposta negoziale formulata (art. 97 Cost.) e della salvaguardia della libertà e dignità della prestazione lavorativa (art. 36 Cost.), cui è sollecito anche a livello normativo eurocomune (cfr. l’art art. 69 della direttiva 24/2014 UE) – il rispetto dei “minimi salariali retributivi” elaborati in sede di contrattazione collettiva (artt. 30, comma 3 e 97, comma 5 lett. d) d. lgs. n. 50/2016): cfr. Cons. Stato, sez. III, 15 maggio 2017, n. 2252; 

b) che, a tal fine, l’art. 23, comma 16 d. lgs. cit. prescrive, in via di principio, l’ancoraggio parametrico (operante sia, a monte, nella prospettiva della elaborazione della documentazione di gara che, a valle, della verifica della verifica di affidabilità delle proposte negoziali competitivamente articolate) della ad “apposite tabelle”, di annuale e dinamica elaborazione ministeriale, costruite “sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi”;

c) che, per consolidato intendimento, i ridetti riferimenti tabellari sono peraltro destinati ad operare in guisa né meccanica né vincolante; e ciò in concorrente ragione: c1) della ribadita valenza meramente paradigmatica(implicita nelle stesse modalità dinamiche di elaborazione, formalizzazione ed aggiornamento); c2) della (correlativa) libertà, che va riconosciuta agli operatori economici in concorrenza, di optare – con il limite stringente della coerenzapertinenza e adeguatezza, in relazione alla garanzia di un omogeneo livello di tutela – per l’applicazione di contratti collettivi alternativi, ancorché in tesi diversi da quelli considerati e prospettati dalla stazione appaltante; 

d) che, d’altro canto, nella ipotesi di “mancanza di contratto collettivo applicabile”, la determinazione del costo del lavoro deve, in ogni caso, procedere dal confronto con contratti operanti “per il settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione”, fermo restando che – anche in tal caso – i “valori economici” di riferimento debbano far capo ad una logica di coerenza (oggettiva) e di rappresentatività (soggettiva), dovendo risultare, sotto il primo profilo, adeguati e proporzionati alle prestazioni lavorative concretamente impegnate dalla proposta negoziale e, sotto il secondo profilo, legittimate da una effettiva dialettica sindacale tra le organizzazioni dotate di maggiore rappresentatività comparativa (cfr., di nuovo, art. 23, comma 16 cit.).

È evidente – tanto più in un contesto socio-economico storicamente esposto, per ragioni di ipercompetitività, al rischio di vero e proprio dumping sul costo del lavoro, non a caso oggetto di precisa e diffusa denunzia anche a livello internazionale – l’intento di preservare e presidiare la garanzia (di ordine costituzionale) della dignità del lavoro subordinato e parasubordinato, affidata – quanto alla concretizzazione del diritto ad un adeguato trattamento retributivo e normativo – alla logica del confronto negoziale categoriale rappresentativo (cfr. artt. 36 e 39 Cost.). 

Ne discende una puntuale direttiva – in relazione alla verifica di anomalia delle offerte connotate da eccessiva svalutazione della voce di costo del personale: cfr. art. 97, comma 5, lett. a) e d) – di attenta e rigorosa verifica della pertinenza e della adeguatezza dei contratti collettivi applicati dalle imprese concorrenti, per evitare il complessivo effetto distorsivo del ricorso a contratti cc.dd. pirata, sottoscritti da associazioni sindacali minoritarie o, comechessia, non sufficientemente rappresentative delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire una surrettizia ed elusiva alternativa ai più impegnativi e garantistici (in punto di retribuzioni minime, di numero di ferie e/o permessi et similia) contratti nazionali cc.dd. tradizionali. Si tratta chiaramente di ulteriori dettagli a cui dare massima attenzione in fase di studio e redazione di offerte per le gare d'appalto

D’altro canto, la dequotazione degli standard di tutela e delle garanzie di una contrattazione effettiva e rappresentativa è, transitivamente, in grado di impattare negativamente anche sulla qualità della complessiva prestazione negoziale e, in definitiva, sul risultato perseguito con l’affidamento del contratto e sul buon andamento (in termini di efficienza ed efficacia) dell’azione amministrativa (cfr. art. 97 Cost. e art. 30 d. lgs. n. 50/2016)..."

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