TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 30.03.2022, n. 2117
Il ricorrente, gestore uscente del servizio posto a gara, con un primo ordine di censure lamenta che la stima dei costi della manodopera effettuata dalla stazione appaltante sarebbe troppo bassa e che l’offerta economica della controinteressata sarebbe palesemente inadeguata a garantire il servizio in quanto reca una previsione di un monte ore annuo di lavoro (11.431,20 ore) largamente insufficiente.
Quanto al primo profilo i resistenti hanno eccepito l’inammissibilità della censura in quanto il bando non è stato per questa parte tempestivamente impugnato.
L’eccezione è fondata.
Osserva, infatti, il Collegio che il ricorrente avrebbe dovuto immediatamente impugnare il bando nella parte in cui ha previsto dei costi della manodopera ritenuti insufficienti a consentire la formulazione di un’offerta economicamente sostenibile.
Tra le clausole da considerare immediatamente escludenti rientrano, infatti, anche quelle che prevedono un importo a base d’asta insufficiente alla copertura dei costi (cfr. C.d.S. n. 8014/2019 e, di recente, T.A.R. Lombardia, Milano, n. 1559/2021 che ha ritenuto ammissibile l’impugnazione del bando e della legge di gara da parte di un operatore non partecipante alla procedura per contestare l’incongrua determinazione della base d’asta tale da rendere il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente).
D’altra parte, come argomentato dai resistenti, il ricorrente ha comunque presentato una sua offerta il che costituisce indice della astratta remuneratività delle condizioni di gara.
Va poi rimarcato che rispetto alla stima dei costi della manodopera effettuati dalla stazione appaltante la controinteressata si è discostata solo dello 0,8 per cento e nel complesso l’offerta non aveva i requisiti per essere considerata anomala ai sensi dell’art. 97, comma 3 del d.lg. n. 50/2016 (circostanza questa pacifica e non contestata).
Il ricorso si incentra, quindi, sui costi della manodopera e sul monte ore annuo di lavoro indicati dall’aggiudicataria nella propria offerta.
In relazione a tale ultimo aspetto (monte ore annuo indicato nell’offerta della controinteressata) vale osservare che il bando non prevedeva un numero di ore minimo per effettuare il servizio lasciando gli operatori liberi di effettuare una stima.
Il ricorrente ritiene che le ore stimate dall’aggiudicataria (11.431,20 ore all’anno) siano “palesemente insufficienti a garantire il servizio messo a gara”; ciò in quanto nella precedente gara l’amministrazione aveva stimato un totale di ore annue (minimo) pari a 10.750,17 a fronte di una superficie da pulire di molto inferiore a quella di cui alla presente gara (9.038,58 mq. nella vecchia gara, 13.022 mq. nella attuale).
Ritiene il Collegio che sul punto il ricorrente non abbia dimostrato la perfetta coincidenza tra la vecchia e la nuova procedura di gara tale che possano sovrapporsi le stime del monte ore annuo minimo necessario per svolgere il servizio...
...Non coglie nel segno neppure la censura con la quale parte ricorrente lamenta l’eccessiva durata delle operazioni di gara (iniziate nel marzo 2019 e concluse circa due anni dopo).
Come evidenziato dalla giurisprudenza (Consiglio di Stato n. 514/2019) la lunghezza delle operazioni di gara non può tradursi, con carattere di automatismo, in effetto viziante della procedura concorsuale, in tal modo implicitamente collegando alla mancata, tempestiva conclusione della procedura il pregiudizio alla imparzialità e trasparenza della gara; pertanto, non è il dato in sé della lunga durata della procedura a poterne determinare l'annullamento quanto - piuttosto - l'eventuale concreta dimostrazione di circostanze effettivamente probanti in ordine alla violazione del principio di trasparenza, par condicio ed imparzialità.
Nella fattispecie, peraltro, la difesa comunale ha rappresentato l’esistenza di specifiche circostanze che hanno allungato i tempi della procedura (ossia l’intervenuto decesso di un membro della Commissione e l’emergenza pandemica).