Cons. St., Sez. III, 15.06.2023, n. 5897
Illeciti professionali - Teoria del contagio.
"...5.3. Il che ben giustifica, ad avviso del Collegio, l’operato dell’Amministrazione nel far richiamo al principio (c.d. del contagio).
5.4. In altri termini, se la persona fisica - che, nella compagine sociale, ha rivestito un ruolo direttivo o, comunque, influente per le scelte della società - è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni, restando del tutto irrilevante stabilire se la condotta in questione sia stata commessa dalla persona fisica per interesse proprio ovvero per avvantaggiare la società di appartenenza, in quanto quel che conta è che essa abbia avuto luogo nell’esercizio dell’attività professionale (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2023, n. 1786; id., 22 aprile 2022, n. 3107; id., 4 giugno 2020, n. 3507; id., 3 dicembre 2018, n. 6866). 5.5. Quanto, poi, alla dedotta erronea applicazione della “teoria del contagio”, che ad avviso dell’appellante, neppure rivestirebbe un reale fondamento normativo, ritiene il Collegio di dover ribadire il principio (da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 22 aprile 2022, n. 3107) secondo cui: “…allorché una persona fisica, titolare di carica rilevante, sia coinvolta in procedimenti penali, anche non definiti, ma per condotte tenute nella qualità di organo di un operatore economico diverso da quello che partecipa alla gara o addirittura per conto proprio, trova piena giustificazione, a tale specifico riguardo, la teoria c.d. del contagio”. In buona sostanza, la presenza stessa, in determinate cariche, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmetterebbe tale caratteristica all’operatore economico “per contagio”, ossia de facto e, dunque, prescindendo dalla tematica “dell’imputazione degli atti”.
5.6. Né a conclusioni diverse ed opposte conduce, poi, il rilievo adombrato dalla difesa appellante secondo cui la richiamata “teoria del contagio” sia applicabile solo a queste fattispecie, con esclusione di quelle – come è nel caso che occupa – in cui si tratti di illecito di tipo diverso, dovendosi ritenere che a tale conclusione si oppone il pacifico indirizzo secondo cui la nozione di “grave illecito professionale” ex articolo 80, comma 5, lett. c), ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 16 gennaio 2023, n. 503; id., sez. V, 24 gennaio 2019, n. 591).
5.7. Di qui la reiezione della censura in esame.
Self Cleaning - Possibile in qualunque fase della procedura che proceda l’adozione della decisione di aggiudicazione.
6. Con il secondo articolato motivo, ancora, l’appellante contesta la sentenza del Tribunale per avere respinto erroneamente, a suo dire, il secondo motivo dell’originario ricorso, con cui il Consorzio ha contestato il difetto di istruttoria e di motivazione in ordine al mancato esame delle misure di self-cleaning (allontanamento dei suindicati Presidente e Vicepresidente, esclusione dalla compagine consortile di una delle consorziate interessate dagli illeciti), adottate in corso di gara.
Errerebbe la sentenza impugnata nel ritenere che le operazioni di self-cleaning avrebbero efficacia solo per il futuro e non potrebbero retroagire fino al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di selezione già in corso, avendo disatteso i più recenti arresti giurisprudenziali maggiormente aderenti con i principi europei.
6.1. La censura è fondata.
6.2. Osserva, in proposito, il Collegio che, come puntualmente rilevato dalla difesa appellante, la giurisprudenza più recente, anche della Sezione (cfr. Cons. Stato, sez. III, 20 febbraio 2023, nn. 1700 e 1719) ha, in effetti, superato l’impostazione per cui le misure di self-cleaning sono irrilevanti se adottate nel corso della gara, in quanto destinate a valere solo per il futuro, in favore di una lettura maggiormente in linea con i principi europei per cui le predette misure vanno sempre valutate dalla stazione appaltante. 6.3. È opportuno sottolineare, infatti, che pur in presenza di cause di esclusione obbligatorie, l’art. 80, comma 7, del codice dei contratti consente all’operatore economico di provare di “aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”. 6.4. E’ stato anche chiarito in giurisprudenza che tale interpretazione è maggiormente conforme alla ratio dell’istituto del ravvedimento operoso, di cui all’art. 80, comma 7, del codice dei contratti, che ha “finalità conservativa e al tempo stesso mira a garantire il committente pubblico rispetto all’affidabilità professionale del contraente privato” (cfr. sentenza n. 9782/2022). 6.5. Analogamente, la giurisprudenza nazionale più recente (cfr. CGA, 13 luglio 2022, n. 829), facendo, invero, applicazione della sentenza della Corte di Giustizia UE 14 gennaio 2021 (causa C-387/19), ha affermato che le misure di ravvedimento operoso possono essere poste in essere “in qualunque fase della procedura che proceda l’adozione della decisione di aggiudicazione” (cfr. § 29 della sentenza).
6.6. Dalle suindicate coordinate ermeneutiche si ricava, dunque - come già chiarito dalla Sezione con la sentenza n. 1700/2023, prima richiamata - il principio secondo cui la direttiva 24/2014/UE non impedisce la valutazione delle misure di self-cleaning assunte in corso di gara, relative a fatti insorti, dopo la presentazione dell’offerta..."